Dogana Avellino, idea parco eventi per restituirle dignità

Dogana di Avellino antonio dello iaco

La Dogana di Avellino…sono anni che se ne parla e nessuno fa nulla. Pensate che un giovane come me la ricorda sempre avvolta da tubi e impalcature per evitare che cada.

Eppure per secoli ha attirato artisti e intellettuali da ogni angolo d’Italia. E se si ripartisse da un’area verde da destinare a eventi culturali?

Dogana Avellino
Come appariva la Dogana in passato

La Dogana di Avellino: un patrimonio unico

Grazie ad Andrea Massaro e al libro “La Dogana di Avellino” di cui mi ha omaggiato, ho potuto conoscere nel dettaglio tutta la storia di uno dei monumenti più trascurati della nostra città.

La principale funzione della Dogana era quella di una moderna “borsa” del grano in quanto fissava sul mercato i prezzi dei cereali e di tanti altri prodotti.

Nel 1674 Cosimo Fanzago, uno dei massimi esponenti del barocco napoletano, restaurò del tutto la Dogana donandole anche un spetto più moderno e abbandonando lo stile medievale.

Custodita dall’obelisco dedicato al re bambino, Carlo II d’Asburgo, la Dogana ha assistito a tutte le principali vicende storiche della città. Dalle rivolte popolari, alle conquiste, ai periodi floridi al secondo conflitto mondiale e al terremoto del 1980.

I danni della Dogana di Avellino con i bombardamenti del 1943
I danni della Dogana di Avellino con i bombardamenti del 1943.
Fonte: http://historyfiles.altervista.org/

Con l’abolizione della feudalità, inizia il declino della Dogana di Avellino. Si iniziò a pensare a un restauro totale della vecchia dogana già nel 1835 ma nessun progetto fu mai approvato.

I danni dei terremoti del 1694, 1732 e 1980 sono stati enormi. A questi va aggiunto il tragico incendio che ha colpito la Dogana negli anni ’90 e tutta la querelle per l’acquisizione da parte del comune di Avellino del monumento che hanno solo ritardato il restauro di un nostro simbolo.

La Dogana in America

Come ha scritto Massaro nel suo libro, della Dogana se n’è parlato anche negli Usa durante la fiction The Sopranos. Nella dodicesima puntata, l’avellinese Isabella (interpretata da Mariagrazia Cucinotta) parla dei danni del terremoto del 1980.

Dice proprio che «non c’è rimasto molto, soprattutto dopo il terremoto, ma in una piazza del centro c’è un palazzo. È del seicento, un vero capolavoro, il Palazzo della Dogana».

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Tra idee, politica e archistar

Poche settimane fa il sindaco di Avellino Gianluca Festa ha annunciato di aver dato al noto architetto Massimiliano Fuksas l’incarico di progettare il restauro della Dogana di Avellino.

Massimiliano Fuksas

Come sempre l’opinione pubblica si è divisa. C’è chi crede che questa possa essere una reale possibilità per restaurare la Dogana e chi pensa che non fosse necessario spendere migliaia di euro solo per un progetto.

In più c’è chi oramai crede molto poco alla parola delle istituzioni. Dopotutto sono anni che viene promesso il restyling della Dogana e nessun amministratore è stato capace di dare seguito alle sue parole.

Dogana: c’è davvero la volontà di salvarla?

Io sono sempre dell’idea che se si vuole fare qualcosa si può fare. È una vergogna che in tutti questi anni nulla sia stato portato a termine.

Eppure in tutte le altre città d’Italia, monumenti come quello della Dogana non sarebbero rimasti nemmeno un anno in queste condizioni.

La Dogana di Avellino
La Dogana di Avellino

Viviamo in una città che ha tante potenzialità e che davvero potrebbe sfruttare le poche ma importanti bellezze che ha per diventare di nuovo un punto di riferimento della Campania e del sud Italia.

Bisogna essere più uniti perché solo se protestiamo, segnaliamo e alziamo la voce tutti insieme e in modo civile che le cose davvero cambieranno.

La mia idea per la Dogana

Da giovane che ama Avellino, non posso non dare la mia idea sulla Dogana che verrà.

Desidero tanto che il sontuoso palazzo, di cui resta solo la facciata di altissimo valore storico e culturale, non diventi un nuovo “scatolone” chiuso che la città non potrà sfruttare.

Sì, rischiamo di fare la fine dell’Eliseo, del Casino del Principe (prima che arrivavassero i ragazzi di Avionica), dell’ex asilo Patria e Lavoro e di tante altre strutture di Avellino abbandonate.

Io restaurerei solo la facciata e creerei uno spazio verde o uno spiazzo per concerti ed eventi vari alle spalle dell’opera del Fanzago.

Dopotutto nel centro storico cittadino verde pubblico non ce n’è e uno spazio che connetta piazza Amendola al retro della Dogana sarebbe facilmente sfruttabile per degli eventi culturali.

Avellino, alberi nel cemento. Il comune interviene

Alberi nel cemento: il comune interviene ad Avellino.

Finalmente qualcosa si muove ad Avellino. Lentamente, eppure di muove.
Ricordate che qualche settimana fa avevamo parlato del problema del verde pubblico ad Avellino?

A piazza Garibaldi una delle aiuole era stata “tombata” con dei mattoni mettendo a rischio la vita dell’albero e la sua stabilità.

Dopo aver ascoltato degli esperti, ho allertato il Comune chiedendo un intervento urgente.

Dopo mail e pec devo dire che alla fine gli operai hanno ripulito l’aiuola. Finalmente l’albero tornerà a crescere e avere ossigeno grazie anche all’interessamento dei funzionari comunali

Il ruolo del cittadino è fondamentale

L’albero era in quelle condizioni da mesi e senza una mobilitazione generale non sarebbe cambiato nulla.

Sono bastati i social, pensateci su. E se avessimo la possibilità di riunirci, fisicamente intendo, cosa potrebbe cambiare?

L’energia di una comunità che collabora per obiettivi ambiziosi può smuovere le montagne. Ne sono convinto.

Purtroppo non sempre funzionari e amministratori possono controllare ogni singolo angolo della città alla ricerca di piccoli o grandi problemi e disservizi.

Tocca al cittadino alzare la voce e far notare a chi ci governa le difficoltà. Da lì alla risoluzione del problema il passo è breve…o almeno dovrebbe.

Tutela del verde: occhi aperti

Nei mesi scorsi abbiamo affrontato il tema della malagestione del verde pubblico ad Avellino.

Le potature infatti non sempre vengono fatte a tutela degli alberi così come la gestione delle aiuole viene dimenticata.

Bisogna entrare nell’ottica che le piante non sono semplici decori urbani ma esseri viventi che vanno tutelati. L’importante però è sempre vigilare e segnalare per aiutare chi ci governa a risolvere i problemi.

Alberi a via Troncone: promesse dai tecnici

Pasquale Matarazzo, cittadino sempre attento alla cura e alla storia di Avellino, aveva segnalato il problema degli alberi di via Fratelli Troncone.

Le piante infatti, con il rifacimento dei marciapiedi, sono state ricoperte di asfalto fin sotto il tronco.

Gli alberi di via Fratelli Troncone
Gli alberi di via Fratelli Troncone

Ho chiesto un intervento al comune anche su questo problema. I tecnici hanno promesso che faranno un sopralluogo per comprendere se e come intervenire. Aspettiamo tutti novità…nel frattempo occhi aperti e segnaliamo.

Avellino, nuovo sfregio al verde: alberi sepolti dal cemento

Avellino alberi tra il cemento a piazza garibaldi. Viale Italia platani danneggiati

Avellino e il verde pubblico continuano a non andare d’accordo. L’ennesima segnalazione arriva dagli esperti e dai cittadini attenti che girando la città hanno fatto scoperte raccapriccianti.

Ancora una volta le piante sono state intese come semplici oggetti e non come esseri viventi e patrimonio cittadino.

Mattoni e fughe nelle aiuole

Pensateci un attimo: ci siete voi che scendete di casa e improvvisamente c’è chi vi copre i  piedi con dei blocchi di cemento. Come vi sentireste?

Beh, provate a chiederlo all’albero di piazza Garibaldi. A pochi passi da piazza Libertà, di fronte al Palazzotto, qualcuno (forse un privato) ha deciso di utilizzare un’aiuola a suo piacimento aggiungendo alla base dell’albero mattoni in porfido con tanto di fughe.

Avellino, l'albero cementificato a piazza Garibaldi
Avellino, l’albero cementificato a piazza Garibaldi

La segnalazione è girata sui social. Sono andato a controllare sul posto. A solo un albero è stata cementificata la base.

Sui mattoni c’era un cestino, molto probabilmente di qualche privato. A qualcuno quell’aiuola serviva e, pensando fosse di sua proprietà, ha ben deciso di metterci mattoni e calce.

Come potrete immaginare, le radici vengono così soffocate. I mattoni, infatti, oltre a premere costantemente sulla base dell’albero, gli riducono la possibilità di respirare mettendolo in pericolo.

Nei prossimi giorni segnalerò personalmente il fatto al Comune di Avellino. Gli uffici predisposti devono subito intervenire eliminando quei mattoni che, oltre a essere dannosi per l’albero, rovinano l’estetica del marciapiede.

Viale Italia: platani trattati come pali

Durante i discussi lavori della pista ciclabile di viale Italia, ancora una volta sono stati messi in pericolo gli storici platani.

Ricordo a tutti che quella zona è un’area di focolaio di cancro colorato. Qualsiasi ferita inferta all’albero quindi può facilitare la diffusione della malattia che in questi anni ha distrutto la bellezza del viale.

Per eliminare i mattoni in porfido e sistemare il marciapiede all’installazione della “pista ciclabile”, sono stati infatti danneggiati i pochi alberi rimasti che costituiscono il doppio filare.

Con gli escavatori e le altre macchine da lavoro, sono stati fatti numerosi i tagli inferti alla base del tronco e sulle radici sporgenti.

Ancora una volta la sensibilità e la cura del verde pubblico sono venuti a mancare. Sperando di non dover dire addio ai grandi platani nei prossimi mesi a causa dei lavori svolti male, non ci resta che segnalare e sperare che chi di competenza agisca.

Avellino, mimose in piazza: il regalo di Dora alle donne

Avellino, mimose in piazza: il regalo di Dorotea alle donne

Una mimosa in piazza per ogni donna che passa. A promuovere questa iniziativa è stata ancora una volta una cittadina molto sensibile e innamorata di Avellino, Dorotea Virtuoso.

Le mimose installate a piazza Trieste e Trento.
Le mimose installate a piazza Trieste e Trento.

Mimose per tutte

Dorotea, come già avrete potuto leggere in questo articolo, ha deciso insieme a un gruppo di cittadini di prendersi cura della piazzetta di via Trieste e Trento ad Avellino.

Oggi, in occasione della giornata internazionale della donna, Dorotea ha addobbato lo spazio comunale con rametti e piantine di mimose.

«L’obiettivo dell’iniziativa – ci ha spiegato Dorotea – è quello di far capire il vero senso di questa giornata. Le mimose sono dedicate a tutte le donne e in particolare a quelle della città di Avellino. Chiunque può raccogliere il suo rametto».

Le mimose piantate da Dorotea

Dorotea: dal quadro alle mimose

Con questo gesto, Dorotea ha ancor di più dimostrato l’amore che prova per Avellino. Lei, anche se avellinese di adozione, con la sua arte ha sempre dimostrato un forte legame con il capoluogo irpino.

Il mese scorso, dopo una lunga riqualificazione portata avanti dall’amministrazione comunale, ha deciso di dedicare alla città e a piazza Trieste e Trento un’opera d’arte.

Il grande quadro, da lei ideato, rappresenta due persone che si baciano. La speranza, come ha raccontato Dorotea all’inaugurazione dell’opera, è quella di tornare alla normalità molto presto dopo un anno di distanze e mascherine.

Festa della donna: l’origine

Molti associano l’8 marzo al famoso incendio di una fabbrica di camicie avvenuto a New York nel 1911 che avrebbe provocato la morte di oltre cento donne operai.

Sulla veridicità di questo racconto non ci sono né evidenze storiche né certezze sulla data o sul numero di vittime.

Le fonti più attendibili su questa festa, risalgono sempre ai primi del novecento quando il Partito Socialista ameriano volle dedicare un giorno alla parità di genere.

L’8 marzo del 1917 a San Pietroburgo invece decine di donne manifestarono per chiedere pari diritti e la fine della guerra. Così a Mosca nel 1921 fu stabilita come data per la Giornata internazionale dell’Operaia.

Solo nel 1977 poi, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha riconosciuto l’8 marzo come giornata per i diritti delle donne e per la pace internazionale.

Avellino e Solofra, stop al taglio selvaggio di alberi

capitozzatura avellino piazza d'armi

Fermate lo scempio del verde pubblico in Provincia di Avellino. Ogni giorno in diversi comuni assistiamo a tagli e potature sconsiderate che non fanno altro che danneggiare per sempre le piante.

Vedremo dove la situazione è davvero a rischio in Irpinia, i paesi dove si rischia di più, insomma. E poi capiremo come funziona una potatura corretta e quando la capitozzatura crea danni irrimediabili

Potature: non fanno sempre bene

Non tutti gli alberi sono fatti per essere potati e nessuna pianta è pronta alle capitozzature che sempre più spesso vengono praticate da chi gestisce la manutenzione del verde pubblico.

Ogni taglio infatti, provoca alla pianta una ferita che se infettata può dare vita a malattie o a funghi che danneggiano l’albero.

Non bisogna quindi più potare gli alberi? La risposta non è semplice quanto sembra. Le piante vanno aiutate a crescere e la potatura, soprattutto in contesti urbani può servire per motivi estetici. Bisogna però partire dal presupposto che un albero non è una decorazione ma un essere vivente.

La pianta non può essere trattata come si vuole. Le potature vanno fatte seguendo però dei rigidi criteri che cambiano da specie a specie. Non basta tagliare a casaccio dei rami per intenderci.

No alla capitozzatura

La capitozzatura in Italia è una pratica molto discussa alla quale le autorità hanno cercato di mettere un freno. L’ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, con un decreto ad hoc infatti ha cambiato il sistema della potatura delle piante.

La capitozzatura è concessa solo se un albero è gravemente malato e si vuole provare a salvarlo, o se si tratta di salici piangenti o gelsi per una questione estetica.

Bisogna infatti «evitare di praticare la capitozzatura, la cimatura e la potatura drastica perché indeboliscono gli alberi e possono creare nel tempo situazioni di instabilità che generano altresì maggiori costi di gestione», si legge nel testo .

capitozzatura
Un esempio di capitozzatura

Con la capitozzatura, l’albero attiva le gemme alla base per far crescere nuovi germogli che richiedono un grande sforzo per la pianta. In più si altera la forma naturale dell’albero, la sua estetica e si possono creare futuri problemi alla stabilità della pianta con rischi di rotture.

Grossi tagli come quelli della capitozzatura, diventano un facile punto di ingresso nell’albero per i funghi che degradano la lignina e la cellulosa provocando delle cavità. Così col tempo la pianta perde stabilità e diventa soggetta a crolli improvvisi.

La “capitozzatura legale”

Fatta la legge trovato l’inganno. E purtroppo è il caso anche delle nuove norme sulla capitozzatura.

Molti enti pubblici che continuano ad adottare questa pratica dannosa per l’albero, si giustificano affermando che si tratta di una potatura energetica. Una tecnica usata in inverno, quando la pianta è a riposo vegetativo, per sperare di rinvigorirla con la primavera.

Peccato però, come spiegano gli esperti, che il rischio di far ammalare o di storpiare la pianta è altissimo.

Perchè si fa la capitozzatura?

Rispetto alle classiche potature, la capitozzatura è più economica, semplice e veloce.

Anche se dannosa all’albero, è necessaria circa mezz’ora rispetto alle due o tre ore classiche usate per una potatura. Il personale da impiegare poi, ed è qui il problema maggiore, non deve per forza essere qualificato e quindi ha poca cura della pianta.

Avellino, il caso piazza d’Armi

Da qualche settimana a Piazza D’Armi sono iniziati degli interventi di “potatura energetica”, non documentati sull’Albo Pretorio comunale nel mondo più trasparente possibile (ma questi sono dettagli ndr).

Gli alberi, già sofferenti a causa delle radici tappate dall’asfalto, sono stati tagliati di netto e messi in pericolo dagli addetti ai lavori incaricati dal Comune di Avellino.

Le piante capitozzate sono di una specie molto diffusa in America, la Liquidambar styraciflua. Ed è qui che si evidenzia una totale inesperienza del settore verde pubblico di Avellino.

La Liquidambar styraciflua è una specie che ha bisogno di poche cure e si adatta molto all’ambiente in cui vive. Come dice l’esperto laureato in agraria Stefano Peroni sul sito trafioriepiante.it, «i liquidambar non andrebbero mai potati, salvo qualche sporadico taglio che elimini i rami secchi o storti, per non rovinare il portamento naturale».

Anche sui social molti cittadini hanno protestato contro i tagli ordinati dalla Giunta Festa dicendo «Uccidono la bellezza della città vi sembrerà una giusta potatura…il risultato lo vedremo tra qualche mese».

Solofra: di male in peggio

Purtroppo anche a Solofra è accaduta la stessa cosa se non peggio. Gli alberi di Viale Principe Amedeo sono stati capitozzati non curando le direttive nazionali del decreto Costa.

Per denunciare l’accaduto, tra lo sconcerto e la delusione dei cittadini, il Circolo Legambiente “Valle Solofrana”, ha richiesto al Comune di Solofra un accesso agli atti per conoscere le motivazioni dell’intervento.

Il bacio di Dorotea salverà Avellino

piazza trieste e trento avellino dora virtuoso il bacio opera d'arte

«Se Maometto non va alla montagna è la montagna va da Maometto», recita il celebre proverbio. Questo è accaduto nel centro di Avellino.

A piazza Trieste e Trento i cittadini hanno deciso di prendersi cura della zona da soli. Installata anche un’opera d’arte.

Cittadini al lavoro

Dopo tanta burocrazia e voglia di fare, i cittadini di via Masucci, via Roma e Piazza Trieste e Trento hanno vinto e con loro tutta Avellino.

Lo scorso 14 febbraio infatti è stata inaugurata la nuova piazza Trieste e Trento, totalmente gestita dai cittadini della zona.

La riqualificazione dell’area è stata portata avanti dall’artista napoletana, avellinese di adozione, Dorotea Virtuoso che con amore e dedizione ha raccolto gli appelli dei cittadini della zona.

L’opera d’arte

Erba tagliata, aiuole pulite, fiori piantati e una gigantesca opera d’arte. Così appare oggi Piazza Trieste e Trento ad Avellino.

L’artista Dorotea Virtuoso ha deciso di donare alla città l’opera “Il Bacio” che rappresenta due persone che si amano. Il messaggio principale è la rinascita e la speranza di tornare al più presto alla vita “normale”.

L’installazione dell’opera è stata possibile anche grazie alla collaborazione degli ingegneri Massimo Maglio e Alessandro Lima e l’architetto Andrea De Cristofaro

piazza trieste e trento avellino dora virtuoso
Una foto dell’opera di Dorotea Virtuoso

Unione tra comune e cittadini

Mesi fa è iniziata la riqualificazione della piazzetta di via Trieste e Trento da parte dell’amministrazione comunale.

L’area era in pessime condizioni. Il vecchio giardino verticale installato anni fa era seccato e le piogge avevano fatto diventare le spugne e le piante secche degli ottimi rifugi per gli insetti. Per non parlare poi della sporcizia che si annidava tra le piante e di come si erano rovinate le sedute e le aiuole.

Dopo tante segnalazioni fatte dai cittadini della zona e non solo, sono iniziati i lavori di riqualificazione della piazzetta.

Tutto è stato rimosso e la struttura è stata dipinta con i colori arcobaleno, simbolo di speranza e rinascita. Gli alberi sono stati potati e le erbacce tagliate.

Il cartello in una delle aiuole di Piazza Trieste e Trento

Ci vorrebbero tante Dorotea…

Il comportamento di Dorotea Virtuoso è solo da ammirare. Lo testimoniano, anche, i tantissimi complimenti che ha ottenuto sui social con la sua iniziativa.

Ora della zona se ne occuperanno i cittadini di via Maffucci, via Roma e via Trieste e Trento guidati da Dorotea.

Loro, dando il buon esempio in primis a chi ci governa e poi a tutta la città, cureranno il verde, la pulizia e la manutenzione della piazzetta.

…e tanta meno burocrazia

Purtroppo come potrete immaginare il processo per adottare uno spazio verde è lungo e laborioso al comune di Avellino.

Tuttavia la volontà e la tenacia dei cittadini è invicibile come è accaduto nel caso di Dorotea.

È necessario però che l’amministrazione comunale sia più vicina alla città e coinvolga i cittadini alla cura della città. Solo così, adottando spazi verdi (una delle mie idee da tempo), curando piazzette e zone di quartiere, si potrà ritrovare il vero senso di comunità.

Smog, Avellino maglia nera in Italia: ci avete rotto i polmoni

Legambiente Avellino protesta Mal'aria 3

Avellino è il capoluogo più inquinato del centro sud ed è anche una delle città più inquinate d’Italia.

Questo è quanto emerge dall’ultimo report Mal’aria di Legambiente. Protesta ambientalista davanti la Prefettura.

Legambiente Avellino protesta Mal'aria 2
Legambiente Avellino protesta Mal’aria

Il report di Legambiente

Come si legge sul sito ufficiale di Legambiente, il report annuale Mal’aria di città non ha portato buone notizie in Irpinia.

Avellino infatti, a causa dei suoi 78 sforamenti di Pm10 registrati nel 2020 nonostante il lockdown, si è classificata come settimo capoluogo con l’aria più inquinata del Paese.

Peggio dell’Irpinia c’è solo Torino, Venezia, Padova, Rovigo, Treviso e Milano, tutte città che si trovano nel settentrione italiano. Anche Napoli, Caserta, Salerno e Benevento hanno registrato dati migliori rispetto all’Irpinia.

I danni dell’inquinamento

L’inquinamento dell’aria causa ogni anno circa 2 milioni di morti premature nel mondo.

L’Organizzazione mondiale della Sanità, che da anni si batte chiedendo di diminuire i livelli di inquinamento in tutto il mondo, stima che con un basso livello di polveri sottili nell’aria ci sarebbe anche una netta diminuzione di infezioni respiratorie.

La prova che l’inquinamento molto spesso è causa delle morti di milioni di persone, è stato anche confermato lo scorso dicembre dalla giustizia inglese.

A Londra infatti, è stato riconosciuto l’inquinamento come causa della morte della piccola Ella Adoo-Kissi-Debrah che a 9 anni nel 2013 è scomparsa a causa di una grave forma di asma.

Proprio alla luce dei gravi danni provocati dall’inquinamento ad Avellino, gli attivisti di Legambiente Campania e del circolo Legambiente Valle Solofrana, hanno alzato la voce e hanno chiesto l’intervento delle autorità.

Legambiente Avellino protesta Mal'aria
Legambiente Avellino protesta Mal’aria

Ci avete rotto i polmoni

Da giovane molto sensibile alla tematica dell’inquinamento e della tutela del verde, anche io ho partecipato alla manifestazione di Legambiente.

I dati che sono emersi dagli ultimi studi sono allarmanti. L’Irpinia da isola verde e sana degli scorsi decenni, sta sempre più diventando il polmone nero della Campania e del Meridione.

Oggi è stato consegnato il report Mal’aria di Legambiente al Prefetto di Avellino, Paola Spena. La speranza è che chi di dovere intervenga il prima possibile.

Non bastano isole ecologiche o restrizioni sui riscaldamenti. L’Irpinia ha bisogno di una conversione green rapida e importante, che parta dal trasporto pubblico e arrivi alle industrie. Si deve intervenire subito. Mo’ basta. Ci avete rotto i polmoni!

Avellino: degrado a via Verdi. Ripartiamo da scuole e commercio

Via verdi Avellino degrado

C’erano una volta gli alberi via Verdi ad Avellino, ora è rimasto solo il nome della strada.

Da anni i platani che caratterizzavano la traversa del centralissimo Corso Vittorio Emanuele, sono stati abbattuti e nessuno ha mai pensato di piantarne di nuovi.

Morto un albero non se ne pianta un altro

Nel giro di pochi anni, uno dopo l’altro, sono scomparsi i diversi platani di Via Verdi. Le piante, alte più di venti metri, costeggiavano uno degli ingressi del Carcere Borbonico.

Quella che prima era una zona fresca d’estate, oggi è diventata solo un ricettacolo di rifiuti 

Nessuna amministrazione comunale ha mai pensato di sistemare le aiuole e piantare nuovi alberi nel terreno oggi lasciato all’incuria.

via verdi Avellino
Uno scatto in una delle aiuole di via Verdi.

Platani nuovi? Forse non si può

Al posto dei grandi alberi di via Verdi che, lo ricordo ancora una volta, erano alberi alti oltre venti metri, non si potranno mettere nuovi platani. O almeno per ora.

Quando viene abbattuto un platano malato, infatti, bisogna aspettare oltre quattro anni per far sanare il terreno (che dovrebbe essere trattato in un modo particolare) e poi piantare un altro platano.

Tuttavia niente vieta di piantare nuove piante di specie diversa. Il problema reale è che non c’è mai stato interesse a farlo.

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Una delle aiuole di via Verdi.

Via Verdi: ripartiamo così

Via Verdi è una delle tante zone della città che necessita di una riqualificazione urgente. È vergognoso che attorno a un monumento come il carcere Borbonico, che in altre città sarebbe più che valorizzato, ci sia una strada abbandonata in questo modo.

La prima idea che mi viene in mente, per riqualificare quasi a costo zero Via Verdi, è quella di creare un progetto con le scuole elementari del capoluogo.

Si potrebbero infatti organizzare delle iniziative dedicate all’ambiente. Le scuole  si aggiudicherebbero la cura di uno spazio verde per un determinato periodo.

Ovviamente i fondi per le istituzioni potrebbero essere finanziati con delle sponsorizzazioni mirate o semplicemente con l’aiuto dei cittadini volontari o delle associazioni.

Via verdi Avellino
Il tronco di uno dei platani abbattuti a Via Verdi.

Un’altra idea è quella di affidarsi ai commercianti. Si potrebbero incentivare le attività commerciali della zona ad adottare queste aiuole, a piantare nuovi alberi e a curarle.

Perché i commercianti dovrebbero farlo? Beh, in cambio di incentivi fiscali sulle tasse comunali, come Tosap e Tari, da parte del comune che avendo degli spazi verdi in meno da curare, finirebbe per risparmiare soldi e tempo.

L’albero di Rockefeller Center ha origini irpine: la storia

rockefeller center albero irpinia origini

L’albero di Natale più famoso del mondo, quello di Rockefeller Center, ha origini italiane o meglio irpine. Sì, avete capito bene. A svelarlo è stata una pagina dedicata ai racconti di personaggi di New York famosi e non, di ieri e di oggi.

L’albero di Rockefeller Center è irpino

Secondo la page New York Tales, infatti, l’idea di mettere un albero al centro di uno dei più grandi complessi privati al mondo nella famosa contea di New York (Manhattan) è tutta irpina.

Degli operai italiani, prima di rientrare a casa, avevano avuto l’idea di installare un grosso abete e di decorarlo come meglio potevano. Era il 24 dicembre sera del 1931.

Pulirono per bene la zona e piazzarono al centro della piazza l’albero. Non avevano luci nè decorazioni e così, con l’aiuto delle loro scale, decisero di usare dei barattoli di vernice vuoti, delle corde da impalcature e altri materiali edili per allestire l’albero.

Il loro datore di lavoro decise di premiarli con un aumento sulla paga mensile.

Cosa c’entra l’Irpinia?

La maggior parte degli operai veniva dalla Campania e precisamente dalla provincia di Avellino. L’idea di piazzare un albero, in quello che oggi è uno dei centri direzionali più famosi al mondo, è stata del capo cantiere, originario di Montoro.

La pagina Facebook lo ha descritto come «un muratore con le mani grandi come badili e il cuore ancora più grande di quelle mani».

Il Natale era un evento molto sentito anche oltreoceano. Per i milioni italiani emigrati all’estero, infatti, questa festività era l’opportunità per passare del tempo in più in famiglia ricordando le tradizioni e le radici che si erano dovute abbandonare.

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L’albero di Natale a Rockefeller Center.

Il dialogo tra gli operai

La page New York Tales ha ricostruito il dialogo tra gli operai che parlavano in dialetto irpino.

Il capo cantiere originario di Montoro, in provincia di Avellino, disse (tradotto dal dialetto irpino): «Prima di andare a casa, potremmo fare una cosa. Mettiamo un bell’albero al centro della piazza e decoriamolo con quello che abbiamo. Poi andremo dalle nostre famiglie a festeggiare il Natale e, al nostro ritorno, l’albero sarà ancora qui».

«Ma non abbiamo niente! Abbiamo solo delle latte vuote di vernice, un po’ di carta stagnola, qualche corda e un po’ di lacci. – risposero gli operai -. Verrà uno schifo, non lo guarderà nessuno e faremo pure una pessima figura»

Il capo cantiere convinse gli operai dicendo: «Verrà bellissimo e ne parleranno tutti».

Anche l’anno successivo gli operai installarono l’albero all’ingresso di Rockefeller Center. Due anni dopo fu la volta dell’inaugurazione del grande centro direzionale.

Per l’occasione le decorazioni dell’albero furono migliorate e ci fu la prima accensione ufficiale. Indimenticabile, come quel gesto di cuore degli operai irpini.

Avellino, bike sharing: c’è il regolamento. Quando si parte?

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«Eppur si muove» avrebbe detto Galileo Galilei osservando l’operato dell’amministrazione comunale di Avellino in materia di mobilità sostenibile.

Per il tanto promesso bike sharing sono arrivate delle novità. La domanda resta però sempre la stessa: tra quanto partirà?

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Le postazioni per le bici elettriche.

Approvato il regolamento

Dopo mesi e mesi di annunci, finalmente la giunta comunale guidata dal sindaco Gianluca Festa ha approvato il regolamento per l’entrata in opera del bike sharing in città.

È stata creata una piattaforma ad hoc da Palazzo di Città sulla quale gli utenti che vorranno usufruire del servizio dovranno registrarsi.

Dopo essersi registrati, bisognerà acquistare la tessera personalizzata in uno dei punti vendita convenzionati (non si conoscono ancora le attività autorizzate) al costo di 5 euro. La tariffa oraria invece sarà di 50 centesimi.

Il servizio di bike sharing sarà attivo da novembre ad aprile tutti i giorni, dalle 8 alle 22 mentre da maggio a settembre tutti i giorni, dalle 8 alle 24.

Chi non rispetterà gli orari di consegna o il regolamento, andrà incontro a sanzioni che vanno da cinque a mille euro.

Scarica qui il regolamento

Inaugurazione: solo tanta polvere

L’entrata in vigore del bike sharing è stato annunciato molte volte dall’amministrazione Festa.

Gli stalli di via De Conciliis e Viale Italia infatti, sono stati installati lo scorso 14 febbraio…quasi un anno fa.

Il sindaco Festa poi, accompagnato anche da una parte della giunta, ha deciso di inaugurare le postazioni davanti alle telecamere il 3 marzo 2020. Il primo cittadino ha anche provato una delle bici elettriche definendole «una belva».

Da quel momento, un po’ l’emergenza Coronavirus, un po’ la burocrazia, un po’ non si sa cosa, sono stati fatti solo annunci su annunci. Il servizio di Bike Sharing doveva partire subito, poi a maggio, poi a giugno e poi non si è saputo più nulla.

L’amministrazione Festa ha anche intenzione di installare nuove postazioni per le bici elettriche in altre zone della città come Borgo Ferrovia e di creare delle piste ciclabili. In attesa della rivoluzione green accontentiamoci del regolamento…qualcosa si muove.