Con la didattica a distanza sempre più famiglie e studenti si sono trovati isolati nelle proprie case a causa di carenti infrastrutture. Uno dei problemi maggiori però, da molti sottovalutato, è stata la mancanza di dispositivi adatti al collegamento da remoto.
È da questa necessità che nasce il progetto Pc4u.tech. Quattro 19enni di Milano infatti hanno unito le loro forze e dato vita a una start up capace di raccogliere, sistemare e donare dispositivi usati alle famiglie in difficoltà per garantire lo studio a tutti gli studenti in dad di Milano e dell’Hinterland.
Tutto è iniziato con il lockdown
La mente principale del progetto Pc4u.tech è Jacopo Rangone, 19enne milanese. «Pc4u è nato circa un anno fa. Ho avuto l’idea di creare una piattaforma web che potesse raccogliere dispositivi da destinare ai ragazzi in difficoltà economiche di Milano e dell’Hinterland per garantire a tutti di seguire le lezioni anche a distanza», ha detto.
Jacopo ha spiegato che con l’inizio del primo lockdown e della chiusura delle scuole, sentendo amici e coetanei, si è accorto che il problema della mancanza di dispositivi tecnologici per seguire le lezioni (digital device ndr) era molto diffuso.
Ho visto che a Milano non c’era nessun ente che aiutasse in modo efficiente queste famiglie in difficoltà».
Così Jacopo ha deciso di mettersi in gioco. Ha contattato Matteo Mainetti, un suo grande amico che condivide le sue passioni per la tecnologia e per le start up, poi Emanuele Sacco, un ragazzo con numerose competenze tecnologiche che ha portato con sé Pietro Cappellini nella veste di grafico del progetto.
Come funziona Pc4u?
Tutto avviene via web. Il sito, creato dai quattro giovani milanesi, è molto semplice e intuitivo. Ci sono due bottoni: uno dedicato alle donazioni di dispositivi e un altro alle richieste.
I device possono essere donati sia da cittadini e sia da aziende. Grazie all’aiuto di un’organizzazione no-profit e delle donazioni dei cittadini, i dispositivi vengono ricondizionati, sistemati e confezionati per essere direttamente consegnati a casa di chi ne abbia fatto richiesta.
Digital device: un problema diffuso
«Non penso ci sia grande differenza tra le fasce d’età. Il numero di ragazzi senza dispositivi è equamente distribuito tra gli studenti di ogni ordine e grado», ha svelato Jacopo.
«Quello del digital device è un problema concreto in tutta Italia. Pensare che una famiglia su tre in Italia non abbia un dispositivo è assurdo. I numeri anche in regioni “benestanti” come la Lombardia non sono rassicuranti. È grande il problema».
Secondo le statistiche, infatti, nel nostro Paese il 33,8 per cento delle famiglie non ha un tablet o un computer in casa mentre il 57 per cento degli studenti ne ha solo uno e lo deve condividere con tutta la famiglia.
Questo problema per i ragazzi i Pc4u, non si colma con la fine della didattica a distanza e il ritorno tra i banchi di scuola.
La didattica e il mondo infatti saranno sempre più smart e digitali e i supporti tecnologici saranno sempre più necessari per lavorare e studiare.
Come assegnate i dispositivi?
Jacopo ha spiegato anche il procedimento di assegnazione dei dispositivi raccolti e donati dai privati. Quando si fa richiesta di un tablet o un pc infatti è necessario inserire il codice fiscale dello studente e il codice Isee.
L’obiettivo è stanare eventuali malintenzionati e dare una mano davvero alle famiglie con fasce di reddito basse.
«Non ci è mai capitato di dover rifiutare qualcuno che avesse un Isee troppo alto», ha detto Jacopo.
La prima collaborazione
«La prima collaborazione aziendale è stata con un fondo che ci ha donato dei portatili e altri dispositivi. Siamo andati a noi a ritirarli in centro a Milano ed è stato molto emozionante».
«Abbiamo tante aziende che ci hanno donato centinaia di dispositivi», ha continuato Jacopo.
Come si apprende dal sito ufficiale di Pc4u.tech infatti, tra le società che hanno collaborato con la realtà ci sono tanti grandi nomi come l’azienda Amadori, la DHL Express Italy e il gruppo Montenegro.
Espansione in altre regioni?
A questa domanda Jacopo ha risposto dicendo: «Stiamo un po’ cercando di capire come l’espansione possa essere possibile per portare altrove in Italia Pc4u».
«C’è bisogno di altri progetti di questo tipo in tante diverse aree del territorio italiano».
Media e successo
Grazie alla loro idea, i quattro milanesi sono saliti alla ribalta delle cronache nazionali venendo intervistati ben due volte dal Tg1. Sono stati ospiti di una puntata di “Che Tempo Che Fa”, trasmissione diretta da Fabio Fazio.
«L’appoggio dei media non ce lo aspettavamo anche se ce lo auguravamo – ha detto Jacopo -. Siamo però consapevoli che il nostro progetto sia l’unione di ingredienti unici come l’inclusione, la pandemia e il digitale.
Quattro ragazzi di Milano di 18 anni che sfruttano una problematica attuale e la risolvono non è una storia di tutti i giorni».
Dad all’estero
Jacopo la didattica a distanza l’ha vissuta all’estero poiché in durante il primo lockdown causato dal Covid, stava studiando in Inghilterra.
«Questo sistema presenta i suoi limiti. Penso che il futuro dell’Italia sia nell’equilibrio. Il digitale non potrà mai del tutto sostituire la didattica in presenza ma ci siamo resi conto dell’importanza del digitale. Credo molto nella didattica in presenza ma il digitale apre a nuovi orizzonti ed è necessario».
«Pc4u? Un’assurdità»
Jacopo ha scelto una parola per definire la sua esperienza nel creare il progetto Pc4u.tech.
«Parola? Direi assurdo. Perché la nostra è stata davvero un’esperienza assurda. Non avremmo mai potuto immaginare tutto ciò. È stato del tutto fuori da ogni schema e previsione. Il susseguirsi di questi eventi non l’avrei mai potuto immaginare in un solo anno».
Futuro e giovani
Il sogno di Jacopo è lavorare nel mondo dell’imprenditoria, delle start up e dell’innovazione. «L’obiettivo è fare qualcosa che mi piaccia applicando le mie passioni».
Parlando del futuro dell’Italia e dell’attuale classe politica Jacopo ha detto: «Penso che in Italia manchi una classe politica con carattere e spessore. Non ci sono forze politiche forti».
«Oggi ci sono solo figure deboli al comando di partiti altrettanto deboli. Quello che mi auguro è che le nostre generazioni possano portare avanti una classe politica più solida, che non sia fondata su una singola persona ma sui progetti che ci sono dietro. Manca progettualità. Sono fiducioso in noi ragazzi», ha concluso. Speriamo abbia ragione.